La deroga stabilita dall’art. 2, co.3, lett. b), d. Igs. n. 503/92 a favore dei lavoratori subordinati che, in possesso di un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, siano stati occupati, per almeno dieci anni, per periodi inferiori all’intero anno solare non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva, e non opera, quindi, a vantaggio dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari (Corte di Cassazione, Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26320). La Corte d’appello di Roma negava ad una lavoratrice domestica il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata (art. 2, co.3, lett. b), d.Igs. n.503/92), difettando in capo a quest’ultima il requisito contributivo normativamente richiesto, ovvero l’occupazione per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare. La stessa, durante gli anni di lavoro domestico, era stata occupata per periodi inferiori a 52 settimane per l’effetto delle norme di accreditamento dei contributi. La lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la sentenza d’appello avesse errato nell’escludere, dai 10 anni con occupazione di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare, gli anni di lavoro domestico, in quanto, per sei annualità, il lavoro domestico prestato ebbe una durata inferiore all’anno. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, richiamando il consolidato orientamento secondo cui la deroga stabilita dall’art. 2, co.3, lett. b), d. Igs. n. 503/92 a favore dei lavoratori subordinati che, in possesso di un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, siano stati occupati, per almeno dieci anni, per periodi inferiori all’intero anno solare (“di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare”) non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva, e non opera, quindi, a vantaggio dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, ma con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali. Il Collegio ha ritenuto, inoltre, non condivisibile la tesi della ricorrente che escludeva la rilevanza del criterio delle 24 ore di lavoro settimanale ai fini della contribuzione domestica, siccome non previsto da alcuna norma di legge; al contrario, tale requisito è, difatti, considerato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 3044/12), sulla base dell’art. 7, co.6 d.l. n.463/83, conv. in I. n.638/83. La lavoratrice deduceva, infine, che per sei annualità il lavoro prestato ebbe una durata effettiva inferiore all’intero anno solare, rientrandosi, pertanto, nel campo di applicazione della deroga normativamente prevista. Tale motivo di ricorso è stato ritenuto inammissibile, dal momento che richiedeva, fuori dai limiti dell’art. 360, co.1, n.5 c.p.c., un accertamento di fatto quale l’accertamento che la prestazione lavorativa fosse stata inferiore all’intero anno solare.
In particolare, secondo la consulenza recepita in sentenza, la lavoratrice aveva lavorato oltre le 24 ore settimanali, e quindi senza diritto a essere considerata come lavoratrice discontinua.