La Corte costituzionale ha esaminato la questione di legittimità sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli sui limiti di esenzione IMU per il nucleo familiare (CORTE COSTITUZIONALE – Comunicato 24 marzo 2022) La Corte costituzionale ha esaminato la questione di legittimità sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli sull’esenzione disciplinata nel quinto periodo del secondo comma dell’articolo 13 del Dl 201/2011, convertito nella legge 214/2011 e successivamente modificato: “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.”.
La Commissione censura la disciplina nell’interpretazione della Corte di cassazione, secondo cui l’esenzione dall’imposta municipale unica (IMU) per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare va esclusa qualora uno dei suoi componenti abbia la residenza anagrafica in un immobile ubicato in un altro Comune.
L’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha deciso di sollevare davanti a se stessa la questione di costituzionalità sulla regola generale stabilita dal quarto periodo del medesimo articolo 13: “Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.”.
In particolare, la Corte dubita della legittimità costituzionale – in relazione agli articoli 3, 31 e 53 Costituzione – del riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell’immobile (com’era nella versione originaria dell’IMU) ma anche del suo nucleo familiare. In tal modo, quest’ultimo potrebbe diventare un elemento di ostacolo all’esenzione per ciascun componente della famiglia che abbia residenza anagrafica ed effettiva dimora abituale in un immobile diverso.
La Corte ha ritenuto che questa questione sia pregiudiziale rispetto a quella sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli.
Le motivazioni dell’ordinanza di autorimessione saranno depositate nelle prossime settimane.
TFR e ISP: chiarimenti dal Fisco
Nel passaggio, per il dipendente, dal regime di indennità equipollente (Ips) al regime Tfr, per cessione d’azienda del Comune, il trattamento di fine rapporto è formato da una quota pari all’importo maturato fino al nuovo rapporto, secondo la disciplina delle indennità equipollenti, rivalutato, e da una quota costituita dagli ordinari accantonamenti annuali al Tfr effettuati dal momento del passaggio (Agenzia Entrate – risposta 24 marzo 2022, n. 154). Nell’operazione in esame al trasferimento del ramo d’azienda operano il rinvio all’art. 31, D.Lgs. n. 165/2001 e all’art. 2112, c.c.. – deve rilasciare al dipendente una sola Certificazione Unica che accoglierà sia i dati relativi alla IPS che quelli relativi al TFR; – i dati relativi alla IPS devono essere inseriti nella sezione ” TFR ed altre indennità maturate al 31/12/2000 – passaggi da indennità equipollenti a TFR” e, in particolare nei punti 835 e seguenti; – non deve essere compilata la sezione composta dai punti 820 e seguenti; – nel punto 835, come precisato nelle relative istruzioni deve essere indicato il periodo di commisurazione dell’indennità equipollente calcolato fino alla data del passaggio; – i dati relativi al TFR maturato devono essere inseriti nella sezione composta dai punti 857 e seguenti; – non deve essere compilato il punto 819 in quanto il sostituto cedente non ha effettuato alcuna erogazione; – i campi riguardanti i dati relativi al rapporto di lavoro devono accogliere la durata complessiva di entrambi i rapporti di lavoro; – devono essere compilati i punti da 801 a 813, riguardanti le informazioni da fornire al contribuente.
Il cit. art. 31 prevede che, salve le disposizioni speciali, nelle ipotesi di trasferimento o conferimento di attività da parte di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, nei confronti di altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’art. 2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’art. 47, L. n. 428/1990.
L’art. 2112, c.c. stabilisce che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il datore di lavoro cessionario e il lavoratore dipendente conserva tutti i diritti che ne derivano, ivi compresi quelli derivanti dall’anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento, fra cui, per quanto di interesse nella fattispecie rappresentata, il diritto relativo al computo dell’IPS, caratterizzata da una disciplina, anche fiscale, diversa da quella prevista per il TFR.
L’art. 47, L. n. 428/1990 prevede un accordo tra le parti per la conservazione dei predetti diritti.
Nel caso di specie, l’accordo sottoscritto fra la Società e il Comune, prevede che ai fini della liquidazione del TFR o indennità equipollente, il Comune applicherà le disposizioni in essere per i dipendenti del settore pubblico, mentre la Società applicherà le disposizioni previste per i dipendenti del settore privato.
Nel contesto normativo rappresentato emerge che:
– il trasferimento del ramo di azienda in questione ha comportato il passaggio del dipendente dal datore di lavoro pubblico (Comune) al datore di lavoro privato (Società Istante) senza soluzione di continuità, in applicazione dell’art. 2112 c.c.;
– il trasferimento ha, altresì, comportato il passaggio del dipendente dal regime di IPS al regime di TFR, pur facendo salvi i diritti del dipendente medesimo al computo della IPS;
– per effetto di tale passaggio, l’impresa privata con più di cinquanta dipendenti, ha versato al fondo di Tesoreria gestito dall’INPS le quote di TFR maturate;
– in base a quanto risulta dalla documentazione integrativa, l’INPS-Gestione Dipendenti Pubblici, non avendo riscontrato la presenza di disposizioni, anche derivanti da un accordo fra le associazioni sindacali dei dipendenti e il datore di lavoro, che contemplassero espressamente il pagamento diretto ai lavoratori dipendenti dell’indennità maturata presso l’ente pubblico, e ritenendo cessato il rapporto previdenziale dei lavoratori con la medesima Gestione Dipendenti Pubblici, ha trasferito all’impresa l’importo lordo dell’IPS maturato dal dipendente in relazione al servizio prestato presso l’ente pubblico di provenienza fino alla data del passaggio.
In tal senso, la Società deve procedere alla erogazione di un’unica prestazione a titolo di trattamento di fine rapporto, riferita al periodo di lavoro complessivamente prestato, che comprenda sia la quota maturata presso il datore di lavoro pubblico, rivalutata, sia la quota maturata presso la Società, datore di lavoro privato.
Relativamente alle modalità di tassazione del complessivo trattamento di fine rapporto e, in particolare, ai fini della determinazione della base imponibile, la quota maturata presso il datore di lavoro pubblico (IPS) deve essere computata previa detrazione dall’importo lordo di una percentuale di esenzione pari al 40,98 per cento, corrispondente al rapporto fra l’aliquota di contribuzione a carico del lavoratore e l’aliquota di contribuzione complessiva (2,5/6,1 = 40,98) calcolata sulla retribuzione utile. Detto importo è ulteriormente ridotto di una somma pari a euro 309,87 per ogni anno di servizio, con esclusione dei periodi di anzianità convenzionale.
Diversamente, la quota maturata presso il datore di lavoro privato sarà costituita dal relativo ammontare, ridotto delle rivalutazioni annualmente assoggettate a imposta sostitutiva.
Relativamente alle modalità di esposizione nel modello di Certificazione Unica (CU 2022 relativa al periodo d’imposta 2021), il datore di lavoro privato dovrà procedere sulla base delle seguenti indicazioni:
Iva ordinaria sulla fornitura del materiale didattico
Ai fini Iva, i servizi educativi all’infanzia effettuati tramite la fornitura di materiale didattico-ricreativo si configurano come una cessione di beni e non una prestazione di servizio, e sono soggetti ad aliquota ordinaria. (Agenzia delle entrate – risposta 22 marzo 2022, n. 148). Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria una Cooperativa Sociale Onlus nell’ambito della propria attività educativa intende fornire un servizio didattico-ricreativo rivolto ai bambini. Nello specifico, il servizio consta nella vendita on line di una scatola contenente differenti tipologie di oggetti e strumenti utili a svolgere attività didattiche, per il tramite di video tutorial realizzati dagli operatori culturali della Cooperativa, scaricabili online. Per la Cooperativa sociale non si tratterebbe di un mero insieme di oggetti materiali, bensì di un servizio educativo volto al coinvolgimento diretto e attivo dei partecipanti e in grado di stimolare i molteplici linguaggi infantili grazie alla ricchezza e completezza delle proposte offerte al suo interno che sostengono apprendimento e ricerca.
A tale riguardo, la Cooperativa chiede il trattamento IVA applicabile alla vendita della scatola e alle connesse spese di trasporto e di spedizione.
Per il Fisco, diversamente da quanto sostenuto dalla Cooperativa, le schede illustrative e i video tutorial non sembrano configurano un ” servizio educativo”, in quanto l’elemento prevalente dell’operazione è la cessione di beni.
Di conseguenza, l’operazione in esame, configurando una cessione di beni, deve essere assoggettata all’aliquota IVA ordinaria, non potendo trovare applicazione il trattamento agevolativo previsto dalla Tabella A, parte II-bis, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento alle prestazioni di cui al numero 20) dell’articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da parte di Cooperative sociali e loro consorzi.
Per le suesposte considerazioni, le spese di trasporto e di spedizione devono essere assoggettate ad aliquota IVA ordinaria.
Bonus locazioni, precisazioni dal Fisco
Forniti chiarimenti sulla cessione del credito d’imposta per canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda (Agenzia delle entrate – Risposta 23 marzo 2022, n. 153). Nel caso di specie, la società istante, in data 14 ottobre 2020, ha acquistato dalla società del Gruppo cui appartiene il credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda. L’Agenzia, a riguardo, chiarisce che l’aiuto di cui si discute può, a discrezione del beneficiario, considerarsi concesso:
Detta misura agevolativa, per espressa disposizione di legge, sconta il limite previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.
Con la modifica del 28 gennaio 2021 è stata aumentata la soglia di aiuti compatibili con il mercato interno da 800.000 euro a 1.800.000 euro per ciascuna impresa, da intendersi come insieme delle società appartenenti al medesimo gruppo.
Con il decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, la predetta modifica del Quadro è stata recepita al livello interno con riferimento ad una serie di misure, tra le quale vi è il credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo e affitto di azienda di cui all’articolo 28 del decreto- legge n. 34 del 2020.
L’interpellante si è limitata a compensare solo una parte del credito acquistato, ritenendo, in caso contrario, di eccedere la soglia di 800.000 euro prevista per il gruppo. Detta circostanza è stata meglio precisata in risposta alla successiva richiesta di documentazione integrativa, con cui è stata illustrata la composizione del Gruppo e le quote di aiuto fruite da ciascun componente nel 2020.
Tanto premesso, l’istante, visto l’innalzamento della soglia, chiede di poter compensare nell’anno 2021 l’ammontare del credito non fruito.
– «dal 19 marzo 2020 al 27 gennaio 2021» se si ha riguardo alla «data di approvazione della compensazione», con la conseguenza che lo stesso soggiace al limite pregresso di 800.000 euro;
– «dal 28 gennaio 2021 alla data del 31 dicembre 2021», se si ha riguardo alla «data di presentazione della dichiarazione dei redditi» relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa, con la conseguenza che lo stesso soggiace al nuovo limite 1.800.000 euro.
Ciò nondimeno, nell’ipotesi di cessione del credito, in luogo dell’utilizzo diretto, resta in vigore l’articolo 122, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020, che, nello stabilire «La quota di credito non utilizzata nell’anno» in cui è comunicata la cessione «non può essere utilizzata negli anni successivi», impedisce al cessionario di beneficiare dell’innalzamento delle soglie di aiuto fruibili.
Nel caso prospettato la cessione risale al 14 ottobre 2020 e da ciò consegue l’impossibilità per il cessionario di compensare successivamente al 31 dicembre 2020 la quota di credito acquistata e non utilizzata.
A rettifica, infine, di quanto già detto nella risposta all’interpello n. 956-2118/2021, va chiarito che la possibilità per il cessionario di cedere ulteriormente la parte di credito non compensata, è ammessa esclusivamente nell’ipotesi in cui permangano i requisiti che ne consentono l’utilizzo diretto in capo al beneficiario originario (ovvero, per le ragioni sopra rappresentate, in capo all’«impresa unica») e, quindi, per la quota parte ancora fruibile nel rispetto della soglia prescritta dalla normativa in tema di aiuti di Stato.
Non risulta, infatti, possibile cedere un credito d’imposta per l’importo eccedente il massimale applicabile ai sensi della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, atteso che il predetto massimale non costituisce un limite alla compensazione del credito d’imposta ma un limite alla maturazione dell’aiuto.
Fondo integrativo privato estero: esclusa l’imposta sostitutiva IRPEF
Le prestazioni percepite da un contribuente da parte di uno Stato estero, derivanti dalla sua adesione a un fondo integrativo complementare al regime di previdenza sociale obbligatorio, la cui riscossione può avvenire in qualsiasi momento, non sono qualificabili come trattamento pensionistico, quindi, in tal caso, se il contribuente si trasferisce in Italia, non spetta il beneficio dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 24-ter, D.P.R. n. 917/1986 (Agenzia Entrate – risposta 23 marzo 2022, n. 150). Ai sensi dell’art. 24-ter del TUIR, le persone fisiche, titolari dei redditi da pensione, erogati da soggetti esteri, che trasferiscono in Italia la propria residenza, in uno dei comuni appartenenti al territorio delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, e in uno dei comuni, con popolazione non superiore a 3.000, colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, possono optare per l’assoggettamento dei redditi di qualunque categoria, prodotti all’estero, a un’imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, con aliquota del 7% per ciascuno dei periodi di imposta di validità dell’opzione. L’opzione è: Per l’accesso al regime è necessaria la titolarità da parte delle persone fisiche dei redditi da pensione di cui all’art. 49, co. 2, lett. a) del Tuir, erogati da soggetti esteri.
– esercitata dalle persone fisiche che non siano state fiscalmente residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace e trasferiscono la residenza da paesi con i quali sono in vigore accordi di cooperazione amministrativa;
– valida per i primi nove periodi d’imposta successivi al periodo di imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale;
– esercitata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia ed è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.
In base al cit. articolo, costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.
Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da ” pensione” sono equiparati a quelli di ” lavoro dipendente”, e rientrano nella nozione di redditi da pensione anche tutti quegli emolumenti percepiti dopo la cessazione di un’attività lavorativa, che trovano genericamente la loro causa anche in un rapporto di lavoro diverso da quello di lavoro dipendente (ad esempio, il trattamento pensionistico percepito da un ex titolare di reddito di lavoro autonomo).
In linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero e corrisposte, una volta maturato il requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla prestazione, ad un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, devono risultare imponibili in Italia in base alla specifica Convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese della fonte.
Detti emolumenti sono riconducibili, in via generale, ai redditi di cui all’art. 49, co. 2, lett. a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.
Con riferimento al caso di specie, le prestazioni derivanti dalla adesione al fondo integrativo (complementare allo ” statutory social security”), la cui riscossione può avvenire in qualsiasi momento, non sono qualificabili come trattamento pensionistico.
Pertanto, poiché le stesse non sono riconducibili nell’ambito applicativo di cui all’art. 49, co. 2, lett. a), del TUIR, non è possibile accedere al regime di favore previsto dall’art. 24- ter del TUIR.
DL Ucraina-bis: rateizzazione delle bollette per i consumi energetici
Il D.L. 21 marzo 2022, n. 21, pubblicato nella G.U. 21 marzo 2022, n. 67, tra le misure per contrastare gli effetti economici della crisi Ucraina ha previsto la rateizzazione delle bollette per i consumi energetici e (art. 8, D.L. n. 21/2022). Al fine di contenere gli effetti economici negativi derivanti dall’aumento dei prezzi delle forniture energetiche, le imprese con sede in Italia, clienti finali di energia elettrica e di gas naturale, possono richiedere ai relativi fornitori con sede in Italia, la rateizzazione degli importi dovuti per i consumi energetici, relativi ai mesi di maggio 2022 e giugno 2022, per un numero massimo di rate mensili non superiore a ventiquattro. Al fine di sostenere le specifiche esigenze di liquidità derivanti dai piani di rateizzazione concessi dai fornitori di energia elettrica e gas naturale con sede in Italia, SACE S.p.A., rilascia le proprie garanzie in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, entro un limite massimo di impegni pari a 9.000 milioni di euro. Per le medesime finalità di contenimento e supporto SACE S.p.A. è autorizzata a concedere in favore delle imprese di assicurazione autorizzate all’esercizio del ramo credito e cauzioni una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative ai crediti vantati dai fornitori di energia elettrica e gas naturale residenti in Italia, per effetto dell’inadempimento da parte le imprese con sede in Italia che presentano un fatturato non superiore a 50 milioni di euro alla data del 31 dicembre 2021, del debito risultante dalle fatture emesse entro il 30 giugno 2023 relative ai consumi energetici effettuati fino al 31 dicembre 2022.
Codici tributo restituzione bonus riduzione del canone di locazione
Istituiti i codici tributo per la restituzione spontanea, tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi”, del contributo a fondo perduto non spettante, previsto dal cd. “Decreto Ristori” in favore del locatore per la riduzione del canone di locazione dell’immobile utilizzato dal locatario come abitazione principale (Agenzia delle Entrate – Risoluzione 21 marzo 2022, n. 14/E). L’articolo 9-quater, co. 1, D.L. n. 137/2020 (decreto Ristori) prevede che per l’anno 2021, al locatore di immobile ad uso abitativo, ubicato in un comune ad alta tensione abitativa, che costituisca l’abitazione principale del locatario, che riduce il canone del contratto di locazione in essere alla data del 29 ottobre 2020, è riconosciuto, nel limite massimo di spesa di cui al comma 4, un contributo a fondo perduto fino al 50 per cento della riduzione del canone, entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore.
Per consentire la restituzione spontanea del contributo a fondo perduto non spettante, erogato mediante accredito su conto corrente, nonché il versamento dei relativi interessi e sanzioni, tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” (c.d. F24 ELIDE), sono stati istituiti i seguenti codici tributo:
– “8143” denominato “Contributo a fondo perduto per riduzione del canone di locazione – Restituzione spontanea – CAPITALE – art. 9-quater, comma 1, DL n. 137 del 2020”;
– “8144” denominato “Contributo a fondo perduto per riduzione del canone di locazione – Restituzione spontanea – INTERESSI – art. 9-quater, comma 1, DL n. 137 del 2020”;
– “8145” denominato “Contributo a fondo perduto per riduzione del canone di locazione – Restituzione spontanea – SANZIONE – art. 9-quater, comma 1, DL n. 137 del 2020”.
In sede di compilazione del modello “F24 ELIDE”, i suddetti codici tributo sono esposti in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, indicando:
– nella sezione “CONTRIBUENTE”, nei campi “codice fiscale” e “dati anagrafici”, il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto tenuto al versamento;
– nella sezione “ERARIO ED ALTRO”, sono indicati:
– nel campo “tipo”, la lettera “R”;
– nel campo “elementi identificativi”, nessun valore;
– nel campo “codice”, uno dei codici tributo istituiti con la presente risoluzione (8143, 8144 oppure 8145);
– nel campo “anno di riferimento”, l’anno in cui è stato riconosciuto il contributo, nel formato “AAAA”;
– nel campo “importi a debito versati”, l’importo del contributo a fondo perduto da restituire, ovvero l’importo della sanzione e degli interessi, in base al codice tributo indicato.
Bonus impianti pubblicitari: in arrivo il codice tributo
Istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d’imposta in favore dei titolari di impianti pubblicitari privati o concessi a soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti e ad analoghe installazioni pubblicitarie di natura commerciale (Agenzia delle entrate – risoluzione 22 marzo 2022, n. 15/E) A favore dei titolari di impianti pubblicitari privati o concessi a soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti e ad analoghe installazioni pubblicitarie di natura commerciale, anche attraverso pannelli luminosi o proiezioni di immagini, comunque diverse dalle insegne di esercizio è riconosciuto un credito d’imposta (art. 67-bis, DL 25 maggio 2021, n. 73, convertito in L. 23 luglio 2021, n. 106).
I soggetti aventi i requisiti per accedere al credito d’imposta comunicano all’Agenzia delle entrate l’importo dovuto per l’anno 2021 a titolo di canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, per la diffusione di messaggi pubblicitari per un periodo non superiore a sei mesi. A tal fine, deve essere preso in considerazione non il canone astrattamente dovuto dal contribuente, ma quello in concreto dallo stesso versato.
L’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari all’importo del canone risultante dall’ultima comunicazione validamente presentata, in assenza di successiva rinuncia, moltiplicato per la percentuale pari al 100 per cento.
Il credito d’imposta è utilizzabile dai beneficiari esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Ai fini dell’utilizzo in compensazione, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. Il credito d’imposta utilizzato in compensazione non può eccedere l’importo disponibile, tenuto conto delle fruizioni già avvenute o in corso, pena lo scarto del modello F24.
Ciascun beneficiario può visualizzare l’ammontare del credito d’imposta fruibile tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Tanto premesso, per consentire ai beneficiari l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in argomento tramite il modello F24, è istituito il seguente codice tributo:
– “6973” denominato “CREDITO D’IMPOSTA IMPIANTI PUBBLICITARI – articolo 67-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73”.
In sede di compilazione del modello di pagamento F24, ai fini dell’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, il suddetto codice tributo è esposto nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, ovvero, nei casi in cui il contribuente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Nel campo “anno di riferimento” è indicato l’anno di riconoscimento del credito d’imposta, nel formato “AAAA”.
DL Ucraina-bis: ulteriori crediti d’imposta per le imprese
Il D.L. 21 marzo 2022, n. 21, pubblicato nella G.U. 21 marzo 2022, n. 67, tra le misure per contrastare gli effetti economici della crisi Ucraina ha previsto crediti d’imposta a favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e di gas naturale, per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca e per il comparo turistico. Viene inoltre incrementato il credito d’imposta in favore delle imprese energivore e gasivore previsto dal DL Energia (artt. 3, 4, 5, 18, 22, D.L. n. 21/2022). Credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica Alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 12% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre dell’anno 2022, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto, qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2022, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019. Credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale Alle imprese diverse da quelle a forte consumo di gas naturale che beneficiano dell’agevolazione prevista dal D.L. Energia (D.L. n. 17/2022), è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici, qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2022, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore del mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019. Credito d’imposta per l’acquisto di carburanti per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca Alle imprese esercenti attività agricola e della pesca è riconosciuto, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto di gasolio e benzina per la trazione dei mezzi utilizzati per l’esercizio dell’attività agricola e della pesca, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante effettuato nel primo trimestre solare dell’anno 2022, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto, al netto dell’imposta sul valore aggiunto. Credito d’imposta per IMU in comparto turismo In considerazione del perdurare degli effetti connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 e della conseguente situazione di tensione finanziaria degli operatori economici del settore, con gravi ricadute occupazionali e sociali, è riconosciuto un contributo, sotto forma di credito d’imposta per le imprese turistico-ricettive, ivi comprese le imprese che esercitano attività agrituristica, le imprese che gestiscono strutture ricettive all’aria aperta, nonché le imprese del comparto fieristico e congressuale, i complessi termali e i parchi tematici, inclusi i parchi acquatici e faunistici, in misura corrispondente al 50% dell’importo versato a titolo di seconda rata dell’anno 2021 dell’imposta municipale propria (IMU), per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/2 presso i quali è gestita la relativa attività ricettiva, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività ivi esercitate e che i soggetti indicati abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel secondo trimestre 2021 di almeno il 50% rispetto al corrispondente periodo dell’anno 2019. Incremento del credito d’imposta in favore delle imprese energivore e gasivore Il credito di imposta fissato dall’art. 4, D.L. n. 17/2022 per le imprese energivore nella misura del 20% è rideterminato nella misura del 25%. Per le imprese gasivore, il credito d’imposta (art. 5, D.L. n. 17/2022) è rideterminaro nella misura del 20%.
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione entro il 31 dicembre 2022 e non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
L’agevolazione è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo degli intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione entro la data del 31 dicembre 2022 e non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
L’agevolazione è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo degli intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione entro la data del 31 dicembre 2022 e non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
L’agevolazione è cedibile, solo per intero, dalle imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo degli intermediari finanziari, società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
Il credito d’imposta è utilizzato dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e comunque entro la medesima data del 31 dicembre 2022.
Il credito di imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Ai fini dell’accesso al bonus deve essere presentata apposita autodichiarazione all’Agenzia delle entrate attestante il possesso dei requisiti richiesti.
Fisco: il codice tributo per il bonus imprese energivore
Istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese energivore (Agenzia delle entrate – Risoluzione 21 marzo 2022, n. 13/E). L’articolo 15 del decreto Sostegni-ter (Dl. n. 4/2022) ha introdotto un contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore di quelle imprese caratterizzate da un alto impatto dei costi energetici rispetto all’attività svolta, per garantire loro una parziale compensazione degli extra costi sostenuti a causa dell’eccezionale innalzamento del prezzo dell’energia. Il credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile Irap ed è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto.
Per poter accedere all’agevolazione è necessario che la media dei costi per KWh della componente energia elettrica relativi all’ultimo trimestre 2021, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, sia superiore del 30% rispetto alla media di quelli relativi all’ultimo trimestre del 2019. Alle imprese che soddisfano questo requisito spetta un credito d’imposta pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre del 2022.
Il codice tributo da utilizzare per usufruire del credito d’imposta è:
– “6960” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese energivore (primo trimestre 2022) – art. 15 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4”.
Tale codice dovrà essere inserito nel modello F24 nella “sezione erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati” oppure, nei casi in cui l’esercente debba procedere al riversamento dell’agevolazione, nella colonna “importi a debito versati”. Per utilizzare il credito in compensazione, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.