Vista l’autorizzazione UE del 7 giugno 2022, le aziende dei settori del turismo e degli stabilimenti termali possono accedere all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale, e per le conversioni a tempo indeterminato dei predetti contratti, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022. L’Inps ha fornito le istruzioni per la fruizione (Circolare 10 giugno 2022, n. 67). Il Decreto Sostegni-ter (art. 4, co. 2, D.L. n. 4/2022) ha stabilito per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, limitatamente al periodo di durata dei contratti stipulati e comunque sino a un massimo di 3 mesi, l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. In caso di conversione dei suddetti contratti in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, l’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 6 mesi dalla conversione. SOGGETTI BENEFICIARI Possono accedere all’esonero contributivo i datori di lavoro privati rientranti nei settori del turismo (strutture ricettive, bar, gelaterie, pubblici esercizi e ambulanti per la somministrazione di alimenti e bevande) e degli stabilimenti termali, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditori. RAPPORTI DI LAVORO INCENTIVATI L’esonero contributivo trova applicazione per le assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, effettuate dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, e per la conversione dei predetti contratti a termine in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, intervenuta nel corso della medesima finestra temporale (1/1-31/3/2022). Devono ritenersi escluse, invece, le assunzioni con contratto di lavoro intermittente o a chiamata, anche nell’ipotesi in cui prevedano la corresponsione di un compenso continuativo in termini di indennità di disponibilità. MISURA DEL BENEFICIO L’esonero è pari alla contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un importo massimo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, per la durata del rapporto a termine o stagionale, fino a un massimo di 3 mensilità o fino a 6 mensilità in caso di conversione. Nella determinazione delle contribuzioni oggetto dello sgravio è necessario fare riferimento, ai fini della delimitazione dell’esonero, alla contribuzione datoriale che può essere effettivamente oggetto di sgravio. A tal fine sono esclusi: CONDIZIONI DI SPETTANZA DEL BENEFICIO L’esonero contributivo è riconosciuto in presenza delle seguenti condizioni: L’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti all’instaurazione del rapporto di lavoro o di somministrazione incentivato, determina la perdita della parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione. L’esonero non spetta qualora l’assunzione costituisca attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione. COMPATIBILITÀ L’esonero è concesso nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato, e in particolare delle seguenti condizioni: L’esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta. ACCESSO AL BENEFICIO Ai fini del riconoscimento dell’esonero, il datore di lavoro deve inoltrare la domanda all’Inps, avvalendosi esclusivamente del modulo di istanza on-line “TUR44”, disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Istituto, nella sezione denominata “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”.
L’esonero, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.
Considerata l’applicazione selettiva ai soli settori del turismo e degli stabilimenti termali il beneficio è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea, che è stata rilasciata il 7 giugno 2022 (decisione C(2022) 3835 final).
Il beneficio non si applica nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.
L’agevolazione può essere riconosciuta anche:
– in caso di rapporto a tempo parziale (in tal caso però la misura della soglia massima di esonero è ridotta sulla base dello specifico orario di lavoro);
– ai rapporti di lavoro subordinato (assunzioni a tempo determinato o con contratto di lavoro stagionale o loro conversione a tempo indeterminato) instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro;
– per le assunzioni a scopo di somministrazione, purché l’utilizzatore che si avvale della prestazione lavorativa appartenga al settore del turismo o degli stabilimenti termali.
La soglia massima di esonero della contribuzione datoriale riferita al periodo di paga mensile è, pertanto, pari a 671,66 euro (€ 8.060/12) e, per rapporti di lavoro instaurati e risolti nel corso del mese, detta soglia va riproporzionata assumendo a riferimento la misura di 21,66 euro (€ 671,66/31) per ogni giorno di fruizione dell’esonero contributivo.
Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.
– i premi e i contributi dovuti all’INAIL;
– il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei TFR;
– il contributo, ove dovuto, ai Fondi di solidarietà bilaterali, al Fondo di solidarietà territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento e al Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige;
– il contributo di finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua.
Vanno, inoltre, escluse dall’applicazione dell’esonero le contribuzioni che non hanno natura previdenziale e quelle concepite allo scopo di apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento.
Nelle ipotesi di trasformazione di rapporti a tempo determinato, è prevista inoltre la restituzione del contributo addizionale dell’1,40%, ove dovuto, prevista per i contratti a tempo determinato.
Con riferimento al periodo di fruizione dell’esonero, lo stesso ha una durata pari al decorso del rapporto e, comunque, sino ad un massimo di 3 mesi. Nelle ipotesi in cui sia stato già riconosciuto l’esonero per l’assunzione a termine, e il rapporto sia convertito a tempo indeterminato, l’esonero spetta per ulteriori 6 mesi a partire dalla data di conversione.
Il periodo di fruizione dell’incentivo può essere sospeso esclusivamente nei casi di assenza obbligatoria dal lavoro per maternità, consentendo, in tale ipotesi, il differimento temporale del periodo di godimento del beneficio.
– regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale (DURC);
– assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
– rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
– rispetto del diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
– l’assunzione non deve riguardare lavoratori licenziati, nei 6 mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, alla data del licenziamento, presentava elementi di relazione con il datore di lavoro che assume, sotto il profilo della sostanziale coincidenza degli assetti proprietari ovvero della sussistenza di rapporti di controllo o collegamento;
– assenza, presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione, di sospensioni dal lavoro connesse a una crisi o riorganizzazione aziendale, ovvero che l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’assunzione di lavoratori inquadrati a un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive.
In caso di somministrazione, i benefici economici sono trasferiti all’utilizzatore.
– importo non superiore a 2.300.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere);
– impresa che non fosse già in difficoltà al 31 dicembre 2019 (ad eccezione di Micro e P.M.I. purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione);
– sia concesso entro il 30 giugno 2022.
L’invio delle domande di ammissione è consentito entro e non oltre il 30 giugno 2022.
Con riferimento ai rapporti a tempo parziale, la retribuzione lorda media mensile da indicare nella domanda è quella rapportata al tempo pieno, in quanto sono le procedure telematiche a parametrare l’importo di esonero spettante alla percentuale oraria indicata.
In caso di variazione in aumento della percentuale oraria di lavoro nel corso del rapporto lavorativo, compreso il caso di assunzione a tempo parziale e successiva trasformazione a tempo pieno, il beneficio fruibile non potrà superare, per i vincoli legati al finanziamento della misura, il tetto già autorizzato.
Nelle ipotesi di diminuzione dell’orario di lavoro, compreso il caso di assunzione a tempo pieno e successiva trasformazione in part-time, sarà onere del datore di lavoro riparametrare l’incentivo spettante per fruire dell’importo ridotto.
La fruizione del beneficio avviene mediante conguaglio nelle denunce contributive e nei limiti della contribuzione mensile esonerabile.
Ulteriore rideterminazione temporanea aliquote di accisa sui carburanti
Forniti chiarimenti sull’ulteriore rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti e sugli adempimenti per gli esercenti (Agenzia delle dogane e dei monopoli – Circolare 08 giugno 2022, n. 23).
La legge 20 maggio 2022, n. 51, nel convertire il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, ha introdotto l’art. 1-bis riproducente le disposizioni dell’art. 1 del decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38.
Si rammenta che il citato art.1 del decreto-legge n. 38/2022, ora abrogato dalla della legge n. 51/2022 (art. 1, comma 2), aveva apportato un’ulteriore rideterminazione di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate dai precedenti interventi normativi di riduzione temporanea.
L’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022 conferma la vigenza delle aliquote di accisa sotto specificate a decorrere dal 3 maggio 2022):
– benzina: euro 478,40 per mille litri;
– oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
– gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi.
Viene così mantenuta l’efficacia delle riduzioni operate dapprima dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 21/2022 e dall’art. 1 del decreto 18 marzo 2022 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica (a decorrere dal 22 marzo 2022) e, successivamente, dal decreto interministeriale 6 aprile 2022 (a decorrere dal 22 aprile 2022 per la benzina ed il gasolio, dal 21 aprile 2022 per i GPL, e fino al 2 maggio 2022 per tutti i menzionati prodotti).
Il medesimo art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022, sempre a decorrere dal 3 maggio e fino all’8 luglio 2022, ha ricompreso nella rideterminazione temporanea anche un’ulteriore aliquota di accisa di cui si riporta la variazione intervenuta:
– gas naturale usato per autotrazione: da euro 0,00331 per metro cubo ad euro zero per metro cubo.
Di tale aliquota si dovrà tener conto in sede di liquidazione dell’accisa nelle fatturazioni relative ai quantitativi di gas naturale per uso autotrazione forniti nel predetto arco temporale.
Le aliquote di accisa così rideterminate restano in vigore fino all’8 luglio 2022.
L’art. 1-bis, comma 2, mantiene fino al suddetto termine dell’8 luglio 2022 la disapplicazione della aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA di cui ordinariamente beneficiano gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), inglobando anche il periodo che va dal 22 aprile al 2 maggio 2022 di vigenza del decreto interministeriale 6 aprile 2022. Conseguentemente non si darà luogo, per il secondo trimestre 2022, alla presentazione della dichiarazione di rimborso dell’accisa sui litri di gasolio consumati.
L’art. 1-bis, comma 3, fissa l’obbligo per gli esercenti depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25 di trasmettere al competente Ufficio delle dogane, tramite PEC ovvero per via telematica, entro il 15 luglio 2022, i dati dei quantitativi fisici dei carburanti le cui aliquote sono state da ultimo rideterminate giacenti nei serbatoi alla fine della giornata dell’8 luglio 2022.
Lo stesso comma 3 sancisce il venir meno del pregresso obbligo di comunicazione delle giacenze disposto dall’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 21/2022 originariamente riguardante solo la benzina ed il gasolio usato come carburante (rilevazione delle giacenze alla data del 21 aprile 2022) facendo salvi, in ragione dell’avvenuto assorbimento dell’adempimento, eventuali comportamenti omissivi posti in essere dagli esercenti. Va da sé che non sono configurabili come illeciti amministrativi neanche possibili inosservanze dell’art. 1 della determinazione direttoriale prot. 177707/RU del 22 aprile 2022 (rilevazione delle giacenze alla data del 2 maggio 2022).
Infine, cessato il periodo di specifica efficacia, non trova più applicazione l’adempimento di cui all’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 21/2022, in virtù del quale i titolari dei depositi fiscali e gli esercenti dei depositi commerciali di cui agli art. 23 e 25 del TUA erano tenuti a riportare nel documento amministrativo semplificato telematico l’aliquota di accisa applicata ai quantitativi dei prodotti energetici ivi indicati.
Illegittimo il licenziamento del dirigente dissenziente
E’ illegittimo il licenziamento del dirigente – direttore generale che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, in maniera non pretestuosa, il diritto al dissenso, con modalità non diffamatorie o offensive (Corte di Cassazione, Sentenza 31 maggio 2022, n. 17689). La vicenda La Corte distrettuale respingeva l’appello proposto da un lavoratore, direttore generale con qualifica di dirigente, volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli. Alla luce di tanto, i giudici hanno ritenuto che il licenziamento intimato fosse sorretto da giusta causa, o quanto meno da giustificatezza, sul presupposto che la facoltà del dirigente di sollevare perplessità circa il bilancio della società datrice di lavoro, non legittimava lo stesso, specialmente nelle fasi iniziali del rapporto di lavoro, a pubblicizzare le proprie perplessità, a descrivere sempre pubblicamente le fattispecie di reato potenzialmente configurabili in caso di mancato accoglimento dei rilievi dallo stesso sollevati e ad addebitarne la responsabilità ai membri del CdA della società. La Corte aveva, inoltre, ritenuto che i comportamenti del dirigente già nelle fasi iniziali del rapporto rivelavano come lo stesso si fosse volontariamente posto in contrapposizione con le scelte adottate dagli organi gestionali della società e come, quindi, non potesse sussistere alcun rapporto di fiducia e che l’evidente infondatezza delle censure espresse alla bozza di bilancio giustificava il licenziamento irrogato. La pronuncia della Cassazione La Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, ha richiamato alcuni consolidati principi di diritto, tra cui quello in base al quale il comportamento del lavoratore, consistente nella divulgazione di fatti ed accuse, ancorché vere, obiettivamente idonee a ledere l’onore o la reputazione del datore di lavoro, esorbita dal legittimo esercizio del diritto di critica e può configurare un fatto illecito, consentendo il recesso del datore di lavoro, se l’illecito stesso risulta incompatibile con l’elemento fiduciario necessario per la prosecuzione del rapporto, qualora si traduca in una condotta che sia imputabile al suo autore a titolo di dolo o di colpa, e che non trovi adeguata e proporzionale giustificazione nell’esigenza di tutelare interessi di rilevanza giuridica almeno pari al bene oggetto dell’indicata lesione. Tenuto conto, poi, del ruolo di direttore generale rivestito dal lavoratore, la Corte di legittimità ha posto in evidenza i profili di responsabilità legati a tale figura e la valenza del diritto al dissenso come meccanismo di esonero dalla responsabilità. Nei confronti del dirigente in questione la Corte d’appello aveva ritenuto, inoltre, integrato il requisito di giustificatezza del licenziamento in ragione della contrapposizione con le scelte datoriali, desumibile dalla complessiva condotta tenuta dal dipendente, giudicata sufficiente a violare ogni rapporto di fiducia, oltre che sulla base dell’ infondatezza delle accuse espresse alla bozza di bilancio.
I giudici, nel respingere l’appello, avevano evidenziato che il dirigente nei primi giorni di ingresso in azienda aveva manifestato al consigliere delegato le sue riserve sulla valutazione di alcune poste contabili inserite nella bozza del bilancio e che lo stesso aveva poi partecipato alla riunione del consiglio di amministrazione della società, nel corso della quale aveva dato lettura di un documento in cui manifestava critiche al bilancio, rivelatesi, in seguito alle verifiche svolte, sostanzialmente infondate;
pertanto la società aveva provveduto a muovere una contestazione disciplinare al dirigente che, con lettera, forniva giustificazioni.
La sentenza impugnata, difatti, aveva ritenuto, erroneamente, esorbitante la manifestazione di dissenso del dipendente per avere egli esposto le critiche pubblicamente, senza documenti a supporto e sapendo che si trattava di una bozza di bilancio modificabile.
Ravvisando, dunque, in tale condotta la giusta causa di recesso, la stessa sentenza si è, invero, posta in contrasto con il principio in base al quale deve escludersi che l’esercizio del diritto di critica da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro possa essere di per sé fonte di responsabilità disciplinare e giustificare il licenziamento per giusta causa, a meno che la denuncia non abbia carattere calunnioso.
Pertanto, non può attribuirsi rilevanza disciplinare atta ad integrare di per sé la giusta causa di recesso alla condotta di un lavoratore, dirigente e direttore generale che, senza neanche rivolgersi all’autorità giudiziaria o amministrativa, si limiti a ipotizzare la configurabilità di illeciti penali o amministrativi, mettendo in guardia i soggetti insieme a lui teoricamente responsabili.
Tuttavia, come posto in rilievo dal Collegio, il legame fiduciario che caratterizza il rapporto di lavoro dirigenziale non può determinare alcuna automatica compressione del diritto di critica, di denuncia e di dissenso spettante al lavoratore.
Ne consegue che, anche nel rapporto di lavoro dirigenziale e ai fini della giustificatezza del recesso, l’obbligo di fedeltà del dirigente deve essere bilanciato con il diritto di critica, di denuncia e di dissenso al medesimo spettante, escludendo che l’esercizio di tali diritti, quando avvenga in maniera ragionevole e non pretestuosa nonché con modalità formalmente corrette, possa integrare di per sé la nozione di giustificatezza del licenziamento.
Da tanto discende l’illegittimità del licenziamento del dirigente che, anche al fine di non incorrere in responsabilità verso la società per atti e comportamenti degli amministratori, eserciti, con modalità non diffamatorie o offensive, il proprio diritto al dissenso.
Via libera per il servizio di ricarica auto elettriche private dei dipendenti nel Welfare aziendale
Rientra nel regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, co. 2, lett. f), D.P.R. n. 917/1986, il servizio di ricarica gratuito delle auto elettriche che la società datrice di lavoro offre ai propri dipendenti (Agenzia Entrate – risposta 10 giugno 2022 n. 329). L’art. 51, co. 1, D.P.R. n. 917/1986, prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. La predetta disposizione include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”), salve le tassative deroghe contenute nei successivi commi del medesimo art. 51. In particolare, il co. 2, lett. f), del cit. art. 51 del Tuir dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”. In relazione all’ambito di operatività della lettera f), l’Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che, affinché si determini l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni: – le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti; – le opere e i servizi devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro; – le opere e i servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto di cui all’art. 100, co. 1, del Tuir. Le opere e i servizi contemplati dalla norma possono essere messi direttamente a disposizione dal datore di lavoro o da parte di strutture esterne all’azienda, a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio. In considerazione della finalità della predetta normativa, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la disposizione di cui all’art. 51, co. 2, lett. f) del Tuir possa applicarsi anche nella ipotesi in cui il datore di lavoro, allo scopo di promuovere un utilizzo consapevole delle risorse ed atteggiamenti responsabili dei dipendenti verso l’ambiente, attraverso il ricorso alla mobilità elettrica, offra ai propri dipendenti il servizio di ricarica dell’auto elettrica.
IVA: effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa
Il Fisco fornisce chiarimenti sul differimento dei termini di accertamento IVA e gli effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 giugno 2022, n. 328) Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’istante ritiene di essere nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 al fine di modificare la scelta dell’utilizzo di un credito IVA da rimborso, come manifestato nella dichiarazione originariamente presentata, a detrazione e/o compensazione. Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
La Società, infatti, come meglio argomentato nel seguito, ritiene di poter presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 fintantoché non sono spirati i termini per il controllo di detta dichiarazione originariamente presentata da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Orbene, nel caso di specie, il termine di decadenza del potere di accertamento in relazione alla Dichiarazione IVA 2014 è ancora in corso, in quanto lo stesso è rimasto sospeso per il periodo che è intercorso tra il quindicesimo giorno successivo alla data in cui l’Ufficio ha notificato la Richiesta Documenti (aprile 2016) e la data in cui la Società ha adempiuto a tale richiesta con la Consegna Documenti (3 luglio 2020).
Tale dilatazione dei tempi per la risposta è stata causata da particolari accadimenti, in precedenza descritti, per cui la Società ha potuto presentare la documentazione comprovante il proprio diritto al rimborso solo quando è riuscita a definire compiutamente la propria posizione debitoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e si è conclusa l’attività di controllo medio tempore avviata dall’Ufficio pur se relativa ad un’altra annualità.
Il Fisco, a riguardo, ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» ad opera del comma 6- bis dell’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non può che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57 per le motivazioni di seguito esposte.
Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8- bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.
Resta fermo che, in base all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale».
Adottato il progetto di ricerca per la valutazione dei percorsi di inclusione
Adottato il progetto di ricerca per la valutazione controfattuale del Reddito di Cittadinanza (Ministero lavoro, comunicato 10 giugno 2022). Il progetto fa riferimento a un esperimento controllato dei percorsi di inclusione dei beneficiari del Reddito di cittadinanza: sia quelli avviati attraverso i Patti per il lavoro, sia quelli definiti nei Patti per l’Inclusione Sociale, con lo stesso approccio metodologico e il medesimo piano di campionamento.
L’obiettivo è quantificare l’efficacia dei percorsi di attivazione previsti dalla norma, laddove correttamente implementati. Non è quindi finalizzata a stimare l’impatto attuale della misura, che dipenderebbe dallo stato corrente di implementazione.
La metodologia controfattuale permette di isolare e identificare l’impatto causale dei percorsi sul benessere, l’inserimento lavorativo o dell’acquisizione di competenze, e altre sfere tramite l’assegnazione casuale dei beneficiari ai gruppi di controllo e trattamento. Il gruppo di controllo continuerà a ricevere il beneficio economico, ma non viene sottoposto agli impegni e interventi previsti dai percorsi di inclusione per la durata della valutazione.
L’impostazione permette sia di ridurre eventuali distorsioni create dal diverso stato di implementazione dei percorsi d’inclusione sociale e lavorativa nelle diverse aree del territorio, sia di utilizzare i risultati della valutazione per supportare i responsabili dell’implementazione del Reddito di Cittadinanza in questa fase di attuazione della misura, in cui la parte di attivazione non è ancora andata a regime per migliorare il disegno e l’implementazione dei percorsi di accompagnamento, aumentare la credibilità e la trasparenza del RdC e testare innovazioni nel disegno della misura o nella fornitura di servizi (service delivery).
Autonomi e Gestione separata: calcolo dei contributi in sede di dichiarazione dei redditi
Con la Circolare n. 66 del 9 giugno 2022, l’Inps fornisce istruzioni in ordine alle modalità di compilazione del Quadro RR del Modello “Redditi 2022-PF”, per il calcolo dei contributi dovuti dai soggetti iscritti alle Gestioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata, che quest’anno è caratterizzato dall’ applicazione dell’esonero contributivo. Artigiani e commercianti I titolari di imprese artigiane e commerciali e i soci titolari di una propria posizione assicurativa tenuti al versamento di contributi previdenziali, sia per sé stessi sia per le persone che prestano attività lavorativa nell’impresa (familiari collaboratori) compilano la Sezione I (Contributi previdenziali dovuti da artigiani ed esercenti attività commerciali) del Quadro RR del Modello Redditi PF-2022. Per i soggetti in “regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”, qualora sia applicato il regime contributivo agevolato, la base imponibile è determinata dalla somma degli importi della colonna 1 del rigo LM34, meno le perdite pregresse relative ai redditi considerati facenti parte dell’importo indicato nella colonna 1 del rigo LM37, indicati in ciascun modulo del Quadro LM, sezione II. Per i soci di cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma la base imponibile corrisponde al reddito dichiarato nei Righi da RC1 a RC3 – Redditi di lavoro dipendente e assimilati in colonna 3, in presenza di codice “3” soci cooperative artigiani nella colonna 4. ESONERO CONTRIBUTIVO ANNO 2021 (articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020) I soggetti tenuti al versamento della contribuzione sul reddito minimale, che hanno richiesto e ottenuto l’esonero contributivo devono compilare come segue: I soggetti non tenuti al versamento della contribuzione sul reddito minimale (affittacamere o di produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo), che hanno richiesto e ottenuto l’esonero contributivo devono compilare come segue: Per i beneficiari dell’esonero contributivo, le eccedenze dei versamenti effettuati per le rate dell’emissione dell’anno 2021, con scadenza entro il 31 dicembre 2021, conseguenti all’applicazione dell’esonero, sono state automaticamente utilizzate a copertura di quanto dovuto per la tariffazione 2021, senza necessità di presentazione di modelli F24 o domande di compensazione. In presenza di eventuali ulteriori eccedenze di versamento rispetto alla capienza dell’emissione 2021, deve essere presentata all’Inps istanza di compensazione con la contribuzione da versare a scadenze successive. Professionisti iscritti alla Gestione separata INPS La sezione II (Contributi previdenziali dovuti da liberi professionisti iscritti alla Gestione separata Inps) del Quadro RR deve essere compilata dai soggetti che dichiarano redditi da lavoro autonomo. La base imponibile sulla quale calcolare la contribuzione dovuta è rappresentata dalla totalità dei redditi prodotti quale reddito di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, compreso quello prodotto in forma associata e/o quello prodotto in “regime forfettario” o in “regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”. Per il calcolo dell’acconto anno di imposta 2022 si applica l’aliquota del 26,23% (IVS + maternità, Anf, degenza ospedaliera, malattia e congedo parentale + ISCRO). Nel caso di malattia o infortunio di gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre 60 giorni, il professionista ha la possibilità di sospendere il versamento contributivo. La sospensione interessa sia il saldo che gli acconti dovuti nel periodo dell’evento. Gli importi sospesi devono essere indicati nel rigo RR5, colonna 18, mentre nella colonna 17 deve essere indicato il codice relativo alla sospensione: 1 per malattia, 2 per infortunio grave e 3 per calamità naturali. L’importo indicato nella colonna 18 non può superare l’importo del contributo dovuto indicato nella colonna 15. ESONERO CONTRIBUTIVO ANNO 2021 (articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020) Anche i professionisti iscritti alla Gestione separata possono beneficiare dell’esonero contributivo per l’anno 2021. Versamento dei contributi I contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale (per artigiani e commercianti) e la contribuzione dovuta per gli iscritti alla Gestione separata devono essere versati entro il 30 giugno 2022 ovvero entro il 22 agosto 2022 – per chi si avvale della possibilità di rateazione – per i versamenti a saldo per l’anno di imposta 2021 e primo acconto per l’anno 2022 ed entro il 30 novembre 2022 per il secondo acconto 2022. RATEIZZAZIONE Per i commercianti e gli artigiani la rateizzazione può avere a oggetto esclusivamente i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale imponibile a titolo di saldo 2021 e primo acconto 2022.
La stessa Sezione deve essere compilata anche dai soci di cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma.
La base imponibile su cui calcolare i contributi è determinata dal totale dei redditi d’impresa conseguiti nel 2021, al netto delle eventuali perdite pregresse scomputate.
Per i soci di società a responsabilità limitata, la base imponibile, oltre a quanto eventualmente dichiarato come reddito d’impresa, è costituita dalla parte del reddito d’impresa della S.r.l. corrispondente alla quota di partecipazione agli utili ovvero alla quota del reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza. Restano esclusi gli utili derivanti dalla partecipazione a società di capitali (non in regime di trasparenza) senza prestazione di attività lavorativa, annoverati tra i redditi di capitale.
Il reddito d’impresa del titolare deve essere diminuito del reddito dei coadiutori o coadiuvanti. Nel caso in cui il coadiuvante/coadiutore possegga utili derivanti da partecipazione in S.r.l. diversa da quella per la quale è stato iscritto alle Gestioni autonome, l’importo deve essere indicato nella colonna 3A e andrà indicato, sommato agli altri redditi d’impresa, in RR3, colonna 3. Non devono essere indicati gli utili derivanti dalla partecipazione a società di capitali senza prestazione di attività lavorativa.
– a colonna 11: contributi IVS dovuti sul reddito minimale, calcolati applicando al reddito indicato nella colonna 10, le aliquote stabilite per la gestione di appartenenza (artigiani o commercianti) al netto di eventuali riduzioni indicate a colonna 7. L’importo deve essere indicato al lordo dell’importo concesso a titolo di esonero. Nel caso siano stati compilati più righi per il singolo soggetto, nella determinazione del contributo dovuto si deve tenere conto delle diverse riduzioni indicate nei singoli righi;
– a colonna 12: contributo per le prestazioni di maternità fissato nella misura di euro 0,62 mensili;
– a colonna 13: importi relativi alle quote associative o ad eventuali oneri accessori;
– a colonna 14: totale dei contributi versati sul reddito minimale, comprensivo di contributi di maternità, quote associative ed oneri accessori, deve essere indicato considerando gli importi effettivamente versati;
– a colonna 15: ammontare complessivo dei contributi previdenziali dovuti sul reddito minimale compensati senza l’utilizzo del modello F24, con crediti non risultanti dalla precedente dichiarazione, ma riconosciuti dall’INPS su richiesta dell’assicurato;
– a colonna 23: importo del beneficio dell’esonero;
– a colonna 24: reddito eccedente il minimale fino al massimale.
– a colonna 25: contributi IVS dovuti sul reddito eccedente il minimale, calcolati applicando al reddito indicato nella colonna 24, le aliquote per scaglioni di imponibile stabilite per la gestione di appartenenza (artigiani o commercianti) al netto di eventuali riduzioni indicate a colonna 7. L’importo deve essere indicato al lordo dell’importo concesso a titolo di esonero. Nel caso siano stati compilati più righi per il singolo soggetto, nella determinazione del contributo dovuto si deve tenere conto delle diverse riduzioni indicate nei singoli righi;
– a colonna 26: contributo per le prestazioni di maternità;
– a colonna 27: totale dei contributi versati sul reddito che eccede il minimale, compreso il contributo di maternità. Deve essere calcolato considerando gli importi effettivamente versati;
– a colonna 28: ammontare complessivo dei contributi previdenziali dovuti sul reddito eccedente il minimale e compensati senza l’utilizzo del modello F24, con crediti non risultanti dalla precedente dichiarazione, ma riconosciuti dall’INPS su richiesta dell’assicurato;
– a colonna 37: importo del beneficio dell’esonero.
Tali contribuenti devono effettuare il versamento con modello F24 nel caso di residuo debito determinato dalla differenza tra l’importo dei contributi a debito calcolati sul reddito (RR2 col. 29) e l’importo riconosciuto a titolo di esonero (RR2 col. 37), al netto di eventuali versamenti già effettuati a titolo di acconto 2021.
Non sono iscritti alla Gestione separata e, conseguentemente, non devono compilare il Quadro RR, sezione II, del modello fiscale né sono tenuti al pagamento dei relativi contributi i professionisti che sono obbligati al versamento della contribuzione obbligatoria previdenziale (cd. contributo soggettivo) presso le Casse professionali autonome, e coloro i quali, pur producendo redditi di lavoro autonomo, sono assoggettati per l’attività professionale ad un’altra forma di previdenza assicurativa (come ad esempio le ostetriche iscritte alla Gestione dei commercianti o i maestri di sci).
Sono invece obbligati al versamento alla Gestione separata i professionisti che, pur iscritti ad Albi, non sono tenuti, o ne sono tenuti parzialmente, al versamento del contributo soggettivo presso la Cassa di appartenenza oppure hanno esercitato eventuali facoltà di non versamento o iscrizione in base alle previsioni dei rispettivi statuti o regolamenti (ad esempio, gli ingegneri presso Inarcassa).
La somma algebrica dei redditi deve essere riportata nel rigo RR5, colonna 2. Il dato deve essere sempre riportato anche nel caso di importo negativo (indicando il meno davanti).
In particolare, per i soggetti che producono redditi di lavoro autonomo professionale la sezione II del quadro RR deve essere compilata anche nei casi in cui:
– il reddito sia negativo o non sia stato prodotto alcun reddito a seguito di eventi particolari;
– sul reddito da lavoro autonomo prodotto è stato calcolato il contributo previdenziale obbligatorio in altra Gestione previdenziale o Cassa professionale autonoma (in questo caso come “contribuzione soggettiva”);
– sia stato raggiunto il massimale come parasubordinato (così da non assoggettare a contribuzione anche la parte quale libero professionista) indicando correttamente sia il codice 1 (totale del reddito da lavoro autonomo) sia il codice 3 (redditi provenienti da denunce Uniemens il cui imponibile concorre alla formazione del massimale annuo);
– nel caso in cui il reddito da lavoro autonomo comprenda anche compensi percepiti e sui quali il sostituto di imposta abbia assolto l’obbligo contributivo.
Nel caso in cui il professionista abbia percepito nell’anno di imposta l’indennità di maternità, tale importo è dichiarato tra i componenti positivi (RE3 altri proventi).
Nel rigo RR6, colonna 2, devono essere indicati eventuali contributi relativi agli anni di imposta precedenti all’anno 2020, che sono risultati indebiti e non sono stati richiesti né in compensazione, utilizzando la delega di pagamento unica (modello F24), né a rimborso, ma che sono stati riconosciuti in autoconguaglio dall’INPS su richiesta dell’interessato mediante apposita istanza presentata direttamente alla propria Struttura territoriale di competenza tramite la funzione “Comunicazione bidirezionale” del Cassetto previdenziale – Gestione separata (Liberi professionisti).
I soggetti che hanno iniziato l’attività nel corso dell’anno 2021 devono inviare, se non ancora effettuata, tramite la funzione “Comunicazione bidirezionale” del Cassetto previdenziale – Gestione separata liberi professionisti, la domanda di iscrizione quale libero professionista al fine della corretta implementazione della propria posizione contributiva.
Oggetto dell’esonero sono i versamenti in acconto dovuti per l’anno di imposta 2021, da versare entro il 20 agosto 2021 e il 30 novembre 2021.
Il Quadro RR sezione II è stato quindi implementato con il rigo RR9 nel quale il contribuente deve:
– in colonna 1, attestare di essere stato beneficiario di esonero parziale dei contributi previdenziali previsto dall’articolo 1, commi da 20 a 22-bis, della legge n. 178/2020;
– in colonna 2, riportare l’importo del contributo concesso a titolo di esonero.
Tenuto conto che gli importi (acconti 2021) interessati dall’esonero sono stati calcolati sul reddito prodotto per l’anno di imposta 2020, mentre il contributo dovuto indicato in colonna 15 è calcolato sul reddito effettivamente prodotto per l’anno di imposta 2021, si possono verificare diverse ipotesi:
1) contributo dovuto (colonna 15) uguale a importo esonero (e assenza di versamento in acconto). Il contribuente non deve effettuare alcun versamento a saldo 2021;
2) contributo dovuto (colonna 15) maggiore dell’importo concesso in esonero (e assenza di versamento in acconto). Il contribuente deve versare come saldo 2021 la differenza tra contributo dovuto e l’importo dell’esonero concesso;
3) contributo dovuto minore dell’importo concesso a titolo di esonero. Il contribuente non deve effettuare alcun versamento. La contribuzione accreditata sarà pari al contributo dovuto;
4) contributo dovuto minore dell’importo concesso a titolo di esonero e il contribuente ha effettuato il pagamento del secondo acconto 2021 entro il 30 novembre. Il contribuente non deve effettuare alcun versamento a saldo 2021 e la somma in eccedenza può essere utilizzata in compensazione per il pagamento acconto 2022 o richiesta a rimborso.
In sede di versamento dei contributi tramite modello F24, l’importo a debito può essere diminuito di quanto concesso a titolo di esonero contributivo.
I contribuenti che decidono di versare la contribuzione dovuta nel periodo tra il 1° luglio 2022 e il 22 agosto 2022 (saldo 2021 e primo acconto 2022) devono sempre applicare sulle somme la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. In caso contrario vengono applicate le sanzioni per ritardato versamento. A tal fine, la somma dell’interesse corrispettivo deve essere versata separatamente dai contributi, utilizzando le seguenti causali contributo:
– “API” (artigiani) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo;
– “CPI” (commercianti) e la codeline INPS utilizzata per il versamento del relativo contributo;
– “DPPI” nel caso dei liberi professionisti.
Qualora emergano debiti a titolo di contributi dovuti sul minimale di reddito e il contribuente intenda regolarizzare la propria posizione tramite modello F24, la codeline da riportare nello stesso è quella prevista per i predetti contributi sul minimale di reddito (codeline del titolare). In caso di importi diversi da quelli originari, la codeline deve essere rideterminata tramite la funzione di calcolo della codeline presente sul sito www.inps.it.
Per i liberi professionisti la rateizzazione può essere effettuata sia sul contributo dovuto a saldo per l’anno di imposta 2021 che sull’importo del primo acconto relativo ai contributi per l’anno 2022.
In ogni caso il pagamento rateale deve essere completato entro il 30 novembre 2022.
Sull’importo da pagare ad ogni scadenza sono dovuti gli interessi, che devono essere corrisposti utilizzando, per ogni sezione del modello, l’apposita causale (API o CPI o DPPI) e, per gli artigiani e commercianti, la medesima codeline relativa al contributo cui afferiscono. Vanno esposti separatamente dai contributi.
Nell’importo da rateizzare è inclusa anche la maggiorazione dello 0,40% nel caso di versamento della prima rata effettuato dal 1° luglio 2022 al 30 luglio 2022.
Nuove spese 2022 al Fondo Gomma e Plastica
Prevista una nuova procedura di prelievo delle quote associative a carico degli iscritti nella fase di accumulo del Fondo Nazionale di Pensione Complementare Gomma e Plastica. Approvata la nuova modalità di quantificazione delle spese direttamente a carico degli iscritti che vengono ora determinate in cifra fissa dal Fondo Nazionale di Pensione Complementare per i lavoratori dell’industria della gomma, cavi elettrici ed affini e delle industrie delle materie plastiche.
Tale aggiornamento è stato necessario perché il precedente criterio, quantificato in percentuale rispetto alle voci della retribuzione valide ai fini del calcolo del TFR, non è più consentito dalla Commissione di Vigilanza.
Sono state determinate per l’anno 2022 le seguenti spese direttamente a carico degli iscritti che si trovino nella fase di accumulo:
– € 22 annui per gli associati con contribuzione ordinaria;
– € 18 annui per gli aderenti privi di contribuzione;
– non applicazione delle spese ai familiari fiscalmente a carico di lavoratori aderenti.
Per il 2022 le spese in cifra fissa, conteggiate pro-quota a partire dal 31 marzo, sono pari quindi ad € 16,50; per il periodo del 2022 antecedente a tale data si è utilizzato il previgente criterio (0,07% della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR con prelievo mensile).
Il nuovo criterio di calcolo delle spese associative non comporterà variazioni di carattere sostanziale circa l’entità complessiva annuale del prelievo rispetto alla precedente modalità.
Escluso l’IRPEF per il lavoratore residente in Svizzera
9 giu 2022 Non è tenuto al pagamento dell’IRPEF il contribuente residente in Svizzera che presti la propria attività lavorativa in Italia (Corte di Cassazione, Ordinanza 06 giugno 2022, n. 18009). La vicenda Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate sottoponeva a tassazione i redditi da lavoro corrisposti ad un lavoratore da società italiana e quelli assimilati a redditi da lavoro dipendente corrisposti dall’INPS, sul presupposto che questi, cittadino italiano, residente in Svizzera ed iscritto all’AIRE, avesse domicilio fiscale in Italia. La pronuncia della Corte La Cassazione ha rigettato il ricorso, rilevando che nel caso di specie la Commissione tributaria aveva correttamente ritenuto che il lavoratore avesse adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico. La Corte ha, inoltre, rammentato che soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato e che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso del contribuente e la Commissione tributaria regionale rigettava l’appello dell’Agenzia.
In particolare, la C.T.R. richiamava la norma convenzionale OCSE, secondo la quale, in caso di conflitto tra Stati circa la residenza fiscale di una persona fisica, il potere impositivo spetti preliminarmente allo Stato ove il soggetto abbia un’abitazione permanente, in subordine a quello in cui abbia il proprio centro di interessi vitali, e ancora in subordine a quello in cui esso abbia una dimora abituale; evidenziava poi che nel caso in argomento il lavoratore aveva dimostrato di essere effettivamente residente in Svizzera, di essere iscritto all’AIRE, unitamente a moglie e figlio, di essere titolare del mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione in Svizzera, di essere titolare di più utenze domestiche, che il figlio frequentava l’Università di Zurigo e la moglie lavorava in una scuola di Lugano; riteneva infine irrilevante, a fronte di tali elementi, che egli lavorasse presso una società con sede in Italia, avendo lo stesso dimostrato di recarsi quotidianamente al lavoro dalla propria abitazione in Svizzera, vista la breve distanza.
Avverso la sentenza della C.T.R. ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate.
La stessa, difatti, dopo aver richiamato la circolare 140E del 1999 dell’Agenzia delle entrate, che indica gli elementi in base ai quali la parte possa dimostrare l’effettività della residenza nello Stato estero a fiscalità privilegiata, aveva ritenuto non fittizio il trasferimento della residenza all’estero del contribuente in questione.
Atteso che nel caso di specie il lavoratore era residente in Svizzera ed iscritto all’A.I.R.E., il criterio di attribuzione della residenza fiscale in Italia invocato dall’ufficio tributario italiano era, dunque, rappresentato dal domicilio.
Secondo costante giurisprudenza, tuttavia, quest’ultimo deve essere inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come desumibile da elementi presuntivi; in concreto, dunque, il domicilio va valutato in relazione al luogo in cui la persona intrattiene sia i rapporti personali che quelli economici.
Tanto premesso, nel caso di specie, la C.T.R., giungendo a conclusioni pienamente condivise dal Collegio, aveva negato che potesse attribuirsi al lavoratore un domicilio in Italia, adeguatamente valutando i vari elementi dedotti e provati dal lavoratore ai fini della residenza, attinenti alla sfera personale e familiare, evidenziando, in base ad essi, che da molti anni lo stesso contribuente aveva stabilito il proprio centro di interessi vitali in Svizzera, assieme al proprio nucleo familiare, e che non vi fossero altri elementi gravi, precisi e concordanti di segno contrario, restando del tutto irrilevante la vicinanza tra luogo di residenza e sede di lavoro dello stesso contribuente.
Bonus produzione videogiochi: in arrivo il codice tributo
Istituito i codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 08 giugno 2022, n. 26/E) Il credito d’imposta a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è stato previsto in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive. (art. 15, legge 14 novembre 2016, n. 220).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
La Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della cultura comunica telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il giorno 5 di ciascun mese, i dati dei soggetti ai quali, nel mese precedente, è stato riconosciuto il credito d’imposta con i relativi importi, nonché le eventuali variazioni, revoche e cessioni intervenute o accettate in detto mese.
Ciascun beneficiario può visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Per consentire l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del suddetto credito d’imposta, è istituito il seguente codice tributo:
– “6977” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi – art. 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.