Nelle controversie relative a prestazioni assistenziali, se il titolo è controverso, il valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 9 novembre 2022, n. 32968. Omologata la sussistenza del requisito sanitario sotteso alla concessione dell’assegno di invalidità, il Tribunale di Foggia condannava l’INPS alla rifusione, in favore del richiedente, delle spese processuali. La doglianza è stata ritenuta infondata dalla Suprema Corte che ha ribadito che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art.13, co. 1, c.p.c.; pertanto, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Invero, secondo quanto evidenziato dai Giudici di legittimità, la disposizione richiamata dal ricorrente, in base alla quale il compenso determinato è “di regola” ulteriormente aumentato in caso di deposito degli atti mediante modalità telematiche, implica che gli stessi siano redatti “con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione o la fruizione e, in particolare, quando esse consentono la ricerca testuale all’interno dell’atto e dei documenti allegati, nonché la navigazione all’interno dell’atto. L’espressione “di regola” che compare nel decreto non indica, dunque, la sussistenza di un obbligo per il giudice mentre, al contempo, l’aumento presuppone non solo il deposito in via telematica, ma anche la possibilità di utilizzo di collegamenti ipertestuali che consentano di “navigare” agevolmente e rapidamente all’interno del testo. Tanto premesso, nel caso sottoposto ad esame, il ricorso è stato rigettato, dal momento che nessuna indicazione al riguardo era stata offerta dal ricorrente, restando esclusa in sede di legittimità una diversa valutazione, in assenza di un obbligo per il giudice di addivenire al considerato aumento.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il beneficiario, deducendo che erroneamente il Tribunale non aveva provveduto a disporre l’aumento nella misura del 30% del compenso liquidato, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, co. 1 bis, D.M. 37/2018, il quale, nell’apportare modifiche all’art. 4, D.M. 55/2014, aveva previsto l’aumento “di regola” del compenso in determinate ipotesi di deposito degli atti con modalità telematiche.